Trento, 22 ottobre 2008
«Riforma straordinaria»
Marco Boato, primo firmatario della modifica dello Statuto
da l’Adige di mercoledì 22 ottobre 2008
Marco Boato, ex deputato dei Verdi, fu il primo firmatario del disegno di legge di riforma dello Statuto d'autonomia che nel 2001 ha introdotto sistemi elettorali distinti per le Province di Trento e Bolzano.
Pentito di quella scelta?
«Assolutamente no. Fu una riforma straordinaria. Se non ci fosse stata, saremmo stati vincolati allo stesso sistema elettorale di Bolzano con il proporzionale puro senza premio di maggioranza e quindi senza garanzia di governabilità».
A Bolzano funziona. «Lì si giustifica perché, essendoci diversi gruppi linguistici, non se ne può alterare la proiezione politica con un premio di maggioranza e con l'elezione diretta del presidente tanto è vero che, insieme alla Valle d'Aosta, la Provincia di Bolzano è l'unica istituzione a non prevederla».
I vantaggi per il Trentino?
«Da noi i cittadini sono arbitri delle elezioni: chi vota non consegna una delega in bianco ai partiti che poi decidono di fare quello che vogliono, fregandosene il giorno dopo la consultazione della scelta espressa dall'elettore, come succedeva fino all'inizio degli anni '90 con il vecchio sistema partitocratico. Sono i cittadini a scegliere da chi vogliono essere governati e anche da chi saranno rappresentati in Consiglio. Nelle Regioni a Statuto ordinario il presidente ha il suo listino di candidati che, in caso di sua vittoria, entrano in Consiglio senza essere stati votati dai cittadini».
Perché varaste quella riforma?
«Per garantire la governabilità. Con quella riforma è stato modernizzato il sistema politico in Trentino e impedita l'instabilità che prima era regolare. Ricordiamoci che nella legislatura precedente alla prima di Dellai, dal '93 al 98, abbiamo avuto con Carlo Andreotti presidente l'esperienza sciagurata di tre governi diversi con tre maggioranze diverse. Andreotti non aveva responsabilità ma il sistema era quello. Inoltre con la riforma del 2001 venne rafforzata la tutela delle minoranze linguistiche: in Trentino prima i ladini, i mocheni e i cimbri non erano riconosciuti a livello statutario».
Torniamo all'attualità. Giusto rinviare le elezioni trentine?
«Era un atto dovuto. La Lega, che ha fatto ricorso per la mancanza dell'autenticazione di una firma, avrebbe voluto che Dellai calpestasse lo Statuto e la legge elettorale. Il presidente non aveva altra scelta. Avrebbe potuto disporre anche un rinvio più lungo, fino a 60 giorni. Si è limitato al numero di giorni strettamente necessari per adempiere all'obbligo di affissione dei nuovi manifesti per almeno 15 giorni. Se non lo avesse fatto, avrebbe potuto essere denunciato per omissione in atti d'ufficio».
Condivide anche la decisione di Durnwalder?
«È controversa. Non c'è nessun precedente storico in 60 anni. Durnwalder avrebbe potuto adottare l'una e l'altra decisione, ma entrambe lo espongono comunque al rischio di eventuali ricorsi. Ci potrebbe essere qualche pazzo che lo presenta, altra cosa è che il ricorso venga accolto. Dellai, invece, è in una botte di ferro e anzi, se non avesse agito così, si sarebbe esposto a conseguenze gravissime. Non ho mai avuto dubbi, visto che ho contribuito a scrivere quegli articoli della legge elettorale».
E così ognuno va per la sua strada.
«L'unità della Regione si ricomporrà soltanto con venti giorni di ritardo rispetto alla data stabilita. Non ci sarà alcun altra conseguenza».
La Regione, però, è un ente morto.
«È debole, con un quadro istituzionale privo di competenze. Ma questa vicenda non cambia di una virgola la sua situazione».
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